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Le fasi della separazione da una persona importante

Le fasi della separazione da una persona importante

  • Francesca Di Sarno

L’elaborazione della separazione da una persona per noi importante ci spinge a passare attraverso cinque fasi: la “Negazione”, la “Rabbia”, il “Patteggiamento”, la “Depressione” per poi giungere nel tempo all’ “Accettazione” di quanto accaduto, per riuscire a riprendere la nostra vita in mano e offrirci l’opportunità di tornare ad essere felici.

Durante la prima fase di fronte ad un grande dolore, l’istinto di sopravvivenza ci porta a negare l’accaduto come meccanismo di difesa. In quel momento ci rifiutiamo di guardare in faccia la realtà, di entrare in contatto con la sofferenza generata dalla perdita dell’altro. Così proviamo con le unghie e con i denti, annaspando tra un’ondata e l’altra in questo mare di dolore, a ricreare un possibile avvicinamento con l’altro. L’angoscia e lo sgomento si alternano al desiderio di vendetta e di punizione di chi ci ha causato quel forte dolore.

Non ci si rende conto, però, in quel momento che la vita è un continuo fluire, che non esistono reali certezze e che la stabilità va ricercata dentro di noi.

Attraverso suppliche e implorazioni dal sapore antico, passiamo nella seconda fase, quella della “Rabbia”, con accuse all’altro accompagnate da ricatti emotivi travestiti da sensi di rivalsa. Facciamo in tutti i modi per riportare l’altro a noi. Ci troviamo in quel momento ad essere portatori di una forte istanza rabbiosa color seppia che irrompe come un vulcano in eruzione.

Successivamente, con il passare del tempo, medico di tutti i mali, iniziamo a realizzare che la persona non tornerà più, prendiamo atto dell’irreversibilità della separazione. Ci iniziamo così ad incamminare sulla strada della presa di coscienza di ciò che è stato. Siamo entrati nella fase del “Patteggiamento”.

Ci fermiamo a guardare indietro a ciò che è avvenuto, tra una lacrima, un motto di rabbia e un senso di impotenza. Ci raggomitoliamo in un angolo nel tentativo di dare un caldo abbraccio al nostro Bambino Interiore, per consolarlo e proteggerlo dalla grande sofferenza, accogliendo la nostra vulnerabilità.

In un altalenarsi di picchi emotivi e sbalzi di umore, in una fase di chiusura al mondo, riflettiamo su ciò che ci ha spinto a comportarci in un determinato modo, su cosa possa essere sorto nell’altra persona da indurla ad agire in una certa maniera. La mente si riempie di punti interrogativi, a cui il cuore non è ancora pronto a dare una risposta. Ci mettiamo poi in discussione alla ricerca delle cause fino a diventare osservatori esterni delle dinamiche relazionali deleterie che si sono innescate con l’altro.

Osserviamo, forse per la prima volta, quegli aspetti di noi che ci hanno portato fuori strada rispetto a ciò che desideravamo e che, solo in quel momento di introspezione, riconosciamo essere non più funzionali a crearci il benessere di cui abbiamo bisogno. Iniziamo a ricercare in noi le risorse che successivamente potranno aiutarci a creare nuovi progetti di vita.

In questa fase, iniziamo a prendere atto della realtà, di ciò che è stato agito inconsapevolmente e di ciò che ne è conseguito. Ascoltiamo gli echi di campanelli di allarme, a cui per primi abbiamo tappato la bocca, nell’atto di rassicurare noi stessi, velando di illusione gli occhi della nostra mente, mentre la nostra Anima scalpitava per attirare la nostra attenzione su ciò che ci faceva stare male, non facendoci sentire profondamente rispettati.

Più passa il tempo più ci sprofondiamo con un tuffo in caduta libera nel pozzo nero del dolore fino a specchiarci in una pozzanghera in cui vediamo riflesse una miscela di ferite emotive dall’ abbandono al tradimento, dall’umiliazione all’ingiustizia, per giungere a quella più antica del rifiuto. Ci sentiamo annientati come persone, così fragili e vulnerabili. Le gambe non riescono più a sostenere il fardello di una sofferenza così grande. Ci trasciniamo con i gomiti sul pavimento per la fragilità dell’Anima, in preda al forte bisogno di toccare il fondo. Sappiamo di dover attraversare un tunnel di disperazione fino in fondo per riuscire poi a rivedere la luce. Ci troviamo nella quarta fase in cui tendiamo ad evitare tutti i luoghi o persone che potrebbero ricordarci la persona amata, sentiamo la necessità di isolarci dal mondo per leccarci le ferite e potremmo arrivare ad entrare in depressione.

Poi d’un tratto con il passare del tempo entriamo nella quinta fase, l’Accettazione. Scorgiamo un raggio di sole in lontananza, i nuvoloni grigi che albergavano nel cielo della nostra Anima vengono spazzati via dal vento. Vediamo spuntare pian piano l’arcobaleno nel nostro cuore.

Così, guardandoci allo specchio dell’Essere, nudi di fronte a noi stessi, con la separazione della persona amata, ci rendiamo conto di esserci spogliati di abiti che non sentivamo più appartenerci, levandoci un altro strato di dosso in una strada verso la verità di noi stessi, provando così una maggiore leggerezza.

La separazione da determinate persone e situazioni tossiche rappresenta così un lasciare andare parti di noi che prima ci avevano accompagnato e protetto, ma che da tempo erano diventate un ostacolo nella nostra vita.

Sentiamo il forte desiderio di gettarci il passato alle spalle, abbiamo accettato che è giunto finalmente il momento di voltare pagina, per focalizzarci sul Qui e Ora, guardando con occhi entusiasti al futuro. Siamo morti e poi risorti, ci sentiamo pronti per riaprirci al mondo, per riprendere in mano la nostra vita, carichi di una neonata energia.

Ci rendiamo conto di aver salito un gradino in più sulla scalinata della nostra evoluzione, di aver aggiunto un altro tassello al nostro mosaico interiore intriso di consapevolezza.

Francesca Di Sarno
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